DISORDINI TEMPOROMANDIBOLARI
I disordini temporomandibolari (TMD) sono patologie che colpiscono l’articolazione temporomandibolare (ATM) ed i muscoli masticatori. Essi costituiscono la principale causa di dolore al volto di natura non-odontogena, cioè non causato o non riconducibile a qualche problema dei denti.
I pazienti con disordini temporomandibolari lamentano almeno uno tra i tre seguenti segni e sintomi principali:
- rumori all’articolazione della mandibola;
- dolore ai muscoli della faccia e/o nella zona al davanti o vicino all’orecchio;
- difficoltà ad aprire correttamente la bocca senza sforzo o senza dolore.
Inoltre, possono essere presenti altri sintomi, quali cefalea o nevralgie. A causa della compresenza di questi sintomi, i pazienti con disordini temporomandibolari sono spesso “vittime” di percorsi diagnostici tortuosi, che coinvolgono molti specialisti prima che si possa giungere ad un inquadramento corretto.
Nei pazienti con disordini temporomandibolari, la presenza di dolore è l’elemento principale che deve far pensare alla necessità di intraprendere un trattamento. Al tempo stesso, la presenza di dolore rende comunque necessaria una valutazione dei correlati psicologici, soprattutto in caso di sintomi cronici.
Purtroppo la clinica dei disordini temporomandibolari ancor oggi nell’immaginario di molti professionisti e pazienti afferisce a quella branca odontoiatrica chiamata “gnatologia”, ossia lo studio del funzionamento del sistema masticatorio, compresi i meccanismi di ingranaggio della dentatura. Ciò ha origine addirittura nella prima metà del secolo scorso, quando un otorino di nome J. Costen (1934) ipotizzò che i sintomi fossero riconducibili a difetti della dentatura, aprendo l’era della gnatologia curativa ed assegnando di fatto all’odontoiatra un ruolo primario nella gestione di questi pazienti attraverso la correzione delle malocclusioni.
Da decenni ormai è invece noto che le ipotesi di correzione dell’occlusione dentale per “curare” i disordini temporomandibolari non hanno base biologica ed anatomica (i denti non toccano praticamente mai tra loro, quindi come possono causare tutti questi problemi muscolari e articolari!!!). Ciò non ha impedito la diffusione di teorie, spesso assurde, per giustificare i più disparati approcci alla terapia dei disordini temporomandibolari…si leggono addirittura post pubblicitari con promesse di cure odontoiatriche per problemi quali cefalea, mal di schiena, dolori al collo!
Per questo motivo, l’iter diagnostico e terapeutico per i disordini temporomandibolari è spesso fonte di frustrazione sia per il paziente che per il curante neofita. Infatti, la fusione di competenze multidisciplinari è un requisito fondamentale per un approccio a tali patologie basato su evidenze clinico-scientifiche.
Oggi, ci sono pochi dubbi sul fatto che i disordini temporomandibolari nella maggioranza dei casi siano una patologia “artrosica” da sovraccarico. Il bruxismo nella forma di serramento dei muscoli masticatori e la tensione emotiva ne costituiscono i principali fattori causali. Conseguentemente, essi rappresentano l’obiettivo primario per una corretta gestione del paziente. Al contrario, il ruolo dell’occlusione dentale è stato completamente sminuito. Quindi, tutte le terapie ortodontiche, protesiche, e di finalizzazione occlusale sono state ampiamente giudicate inidonee dalla letteratura di alto livello.
Il trattamento dei disordini temporomandibolari deve essere incentrato sui tipici approcci della medicina ortopedica, comunemente a quanto accade per altre condizioni muscolo-scheletriche. Ciò significa che, in assenza di precise indicazioni chirurgiche, la terapia è di fatto da attuarsi mediante una gestione conservativa dei sintomi con strategie conservative: controllo delle abitudini parafunzionali durante la fase di veglia (oggi esiste addirittura un’applicazione per smartphone allo scopo [BruxApp]); placche occlusali a scopo cambiamento transitorio dei carichi muscolari ed articolari; gestione della tensione emotiva che porta al sovraccarico dei muscoli masticatori (che sono quelli della mimica e delle emozioni!); esercizi di fisioterapia aspecifica per mobilizzazione mandibolare; lavaggi articolari con posizionamento di farmaci antinfiammatori o viscosupplementazione; farmacologia sistemica, se necessaria.